




"Portami via di qui..." gemette contro il mio petto."Certo, amore mio", le sussurrai all'orecchio prima di sparare sotto il suo meraviglioso seno sinistro, perchè era vero, l'amavo, ma non potevo agire diversamente in quel mio ultimo lavoro. Ero un killer, e i professionisti non mischiano mai il lavoro con i sentimenti.Prima di uscire andai in cucina e aprii tutti i rubinetti del gas.Stavo salendo su un taxi in Avenida Tamaulipas quando udii l'esplosione."Cos'è stato, capo?" chiese l'autista."Il temporale. Che altro poteva essere?""Le da fastidio la musica?""No. Lasci pure"Solo allora scoprii che dalla radio arrivavano i versi di quel corrido che dice:"Quando vide la mia tristezza lei voleva andare, ma era già scritto che quella volta avrei perso il suo amore...."
( Luis Sepùlveda / Diario di un killer sentimentale / 1996 )
«Senza rifletterci sopra granché mi ero già scissa in due persone radicalmente diverse. Scrivevo lettere a me stessa. Christiane scriveva lettere a Vera. Vera era il mio secondo nome. Christiane era la quattordicenne che voleva andare dalla nonna, in qualche modo era la buona; Vera era la bucomane. E le due litigavano ore per lettera»…
Christiane F. ha cominciato a fumare hashish a docici anni, a tredici ad iniettarsi l' eroina. Per due anni la sua vita è stata divisa tra le aule scolastiche e la stazione della metropolitana dove i giovani drogati berlinesi si prostituiscono per avere il denaro necessario a continuare a drogarsi. Attraverso il suo diario Christiane racconta con un linguaggio grezzo e teso la sua storia e quella dei suoi coetanei, sullo sfondo di una Berlino dove i quartieri-dormitorio e le discoteche sono simili a quelli di ogni grande città europea. E' la storia di una precoce discesa nel mondo della droga e della faticosa risalita, documentata come un servizio giornalistico, sofferta come un diario personale, da cui nasce la convinzione che la soluzione del problema della droga è lontana ma possibile. Il dramma di Christiane F. è diventato in Germania un caso edificante (è entrato addirittura nelle antologie scolastiche), un testo discusso da medici, insegnanti, operatori sociali, e che ha coinvolto profondamente anche il grande pubblico attraverso le immagini del film che ne è stato tratto.
"Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino” è un libro che impone una riflessione attenta sulle cause del disagio giovanile e sulle responsabilità della società. Dalla storia è stato tratto anche l’omonimo film, girato nel 1981 e diretto da Ulrich Edel.
Un libro che spiazza, che commuove e che regala emozioni. A tutti gli effetti, un classico moderno.
Un Libro da leggere con gli occhi del cuore più che quelli della mente, aprendo la coscienza alla speranza e all’illusione che tutto possa cambiare.

“Quaderno in cui si registrano giorno per giorno ricordi, osservazioni e gli avvenimenti che si ritengonpiù importanti”.
“La Coscienza di Zeno” è un romanzo di Italo Svevo, è l’autobiografia di un ricco commerciante triestino, che, giunto alla soglia dei sessant’anni, si volge indietro a considerare la sua vita. Zeno Cosini, il protagonista, è contemporaneamente l’attore ed il narratore della storia che lo riguarda . Apprendiamo dalla Prefazione, che apre il romanzo e che non appartiene a Zeno, ma ad un tale dottor S., che la presunta autobiografia è, in realtà, un atto terapeutico (sotto forma di diario) , scritta come preludio ad una cura psicanalitica, su consiglio del medico stesso. Ora viene pubblicata da costui “per vendetta”, per punire il malato che si è “sottratto alla cura, truffandomi”, dice il medico, “della mia lunga, paziente analisi di queste memorie". Mentre leggevo le vicissitudini di Zeno Cosini, non credevo possibile che si potesse scrivere realmente un'autobiografia così, mi sembrava strano che una persona potesse ricordare con tale precisione dei fatti avvenuti decine e decine di anni prima, però poi, riflettendoci bene, mi sono resa conto che è possibile, che se si riesce a trovare il modo, si può tirare fuori dal nostro inconscio tutto ciò che abbiamo immagazzinato nel corso degli anni, anche se poi sembra di averlo perduto. Come ho già detto, mi ha colpito il finale: ha placato il mio scetticismo iniziale, dimostrando che quanto diceva il dottore nella prefazione è vero, che raccogliere i ricordi in un diario può servire a farci cambiare. Non è tanto il fatto stesso di scrivere, ma è il diventare consapevoli di quello che ci è accaduto, che ci fa riflettere, ci fa capire tutte quelle cose che al momento risultavano difficili da comprendere perché eravamo troppo coinvolti;il diario ha spinto involontariamente Zeno a ripescare cose in apparenza insignificanti che, esaminate "dall'esterno", hanno assunto un significato completamente diverso. Ma chi è Zeno? un uomo come tanti, (chi non è un po’ “Zeno”?) a cui il diario è servito a mostrare le cose a lui accadute in modo “più” reale, alla ricerca di un suo io che giudichi le cose attraverso se stesso e non attraverso semplici ricordi o reminiscenze, una sorta di recupero del tempo perduto attraverso la memoria del narratore protagonista, è questo che rappresenta il romanzo, una rivelazione personale ed intrinseca che ogni lettore coglierà con la semplicità e la brama di chi vuole conoscere il suo “Zeno” nascosto. 
